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Aforismi e citazioni di Giovanni Allevi

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Aforismi e citazioni di Giovanni Allevi

 

Di Ascoli mi piace l’essenzialità della sua architettura medievale, con le sue torri semplici e squadrate che mi suggeriscono l’idea di fierezza e grandezza del passato. E poi trovo che gli ascolani abbiano uno straordinario senso dell’umorismo: cattivo al punto giusto, esilarante e straordinariamente graffiante.

Qualche giorno prima di esibirmi vado a nuotare in piscina. Per suonare il pianoforte e dirigere l’orchestra è necessaria elasticità; così con il contatto dell’acqua rilasso la muscolatura, trovo la concentrazione e ripasso le note.

Cosa voglio io dalla mia musica? Che faccia un discorso, che abbia delle tensioni interne, che sia temporale, non statica. Ma soprattutto che esprima se stessa usando le mie energie come quelle di un suo umile manovale.

La musica non è fatta di note corrette, ma di passione, dedizione, intenzione travolgente.

Ascoli è una città che nel suo passato ha dichiarato guerra a tutti, persino a Roma, nel 98 d. C. , due anni prima che la radesse al suolo. Questo spirito combattivo rende gli ascolani gente simpatica e particolarmente buffa.

Vado matto per la cucina di mia madre, per cui non c’è ristorante od osteria che valga un’uscita. Adoro il pesce e la cucina semplice, genuina. Ma è raro trovare un ristorante che cucini un normalissimo piatto di spaghetti al pomodoro.

Mi piacerebbe cercare e percorrere i luoghi desolati di Charles Bukowski, il mio scrittore preferito insieme a Paulo Coelho. Di lui ho letto praticamente tutto. Mi piace perché è cinico, desolato, terreno e volgare, ma in maniera autoironica. Penso che nei periodi di crisi, come quello che stiamo vivendo noi, l’uomo risvegli le sue due anime: quella spirituale e quella terrena. E lui lo fa in maniera esemplare.

Il modo migliore per iniziare la giornata è affacciarsi dalla finestra della casa dei miei genitori ad Ascoli Piceno. Il paesaggio è straordinario e, per me che vivo a Milano tra cemento e palazzi, piuttosto insolito. Mi piace starmene tranquillo a osservare il fiume Tronto che scorre nel bosco. Subito dopo faccio colazione, sempre la stessa da anni e sempre a casa: un bicchiere di latte freddo con il Nesquik sciolto dentro e una ciambella. Non esco volentieri e nella mia città natale vengo soprattutto per ricaricare le batterie.

Mi rilassa mangiare una fetta di torta al cioccolato poco prima di esibirmi.

Mi rilassa stare sul palco. In realtà sono sempre all’erta e in agitazione. Il lavoro che svolgo, la composizione musicale, avviene prima di tutto nella mia testa, e questo significa che non stacco mai, salvo quando - appunto - mi esibisco in concerto. Sento l’attenzione del pubblico, che è grandissima, e l’interesse prepotente per l’arte e per tutto ciò che è nuovo e fresco.

La musica non è questione di numeri, ma di emozioni vissute da individui, e ogni persona è unica e irripetibile, a suo modo infinita.

È meraviglioso come la musica abbia la possibilità di salvarci dall’irrigidimento, dalle convenzioni a cui tutti andiamo incontro e farci tornare uno stupore incantato nei confronti delle cose.

Nella mia valigia, che poi è uno zainetto, non manca mai la bacchetta da direttore d’orchestra, la partitura di Evolution, la maglietta elasticizzata nera che uso sul palco, un paio di jeans blu scuro, un paio di Converse All Star nere e la crema per addomesticare i capelli ricci. Nessun iPod. Il mio è un iPod tutto mentale.

Non trovo niente che non mi piaccia di Ascoli: è bella, raccolta, la si gira bene. Una volta pensavo che non offrisse molte opportunità musicali, ma poi mi sono reso conto che non era possibile chiedere tanto a un luogo così tranquillo e misurato. Dovevo spostarmi io, a New York e a Milano, dove vivo oggi.

Se potessi tornerei nel deserto egiziano dove ho suonato nel 2008. Un luogo davvero poetico. Per arrivare al concerto il pubblico era stato trasportato a bordo di 500 jeep, ma erano i beduini a fare strada affidandosi unicamente alle stelle.

 

un autore a caso

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